domenica 8 novembre 2009

A Barcellona Pozzo di Gotto la prima agenzia immobiliare per mafiosi


Ipab significa Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza.
E’un ente creato da una legge del 1890 del governo Crispi, con il compito di svolgere attività sociali a favore delle classi più svantaggiate della popolazione.
Nei loro locali gli Ipab ospitano case di cura e ricovero, scuole, asili, cliniche.
I suoi dipendenti si occupano di assistenza agli handicappati, di attività di formazione, educazione, alfabetizzazione, focalizzando il proprio operato, secondo i dettami previsti dalla legge, nell’assistenza ai poveri, tanto in istato di sanità quanto di malattia.Funzionano così gli Ipab, ma non a Barcellona Pozzo di Gotto, provincia di Messina.
E no, perchè a Barcellona Pozzo di Gotto il ruolo dell’Opera Pia “Nicolaci Bonomo”, proprietaria di un incredibile patrimonio, è quello di agente immobiliare dei mafiosi.
La funzione sociale dell’Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza si esplica, ad esempio, concedendo in affitto, il 12 luglio 2000, uno stabile in via Garibaldi 93 ad Alexandro Calderone, un immobile che il signor Calderone ha ovviamente utilizzato a fini sociali, aprendovi il ristorante La Galleria.
Fosse questa la stranezza, ci si potrebbe pure passar sopra. Ma c’è dell’altro.
Ad esempio, per dire, c’è che Alexandro Calderone è fratello di Giulio Massimo Calderone e Mario Calderone.

Giulio Massimo Calderone, precedenti di latitanza, condannato ad un anno e mezzo di carcere per traffico di droga dal Tribunale di Barcellona, condannato a 6 anni e 6 mesi di reclusione per mafia con sentenza di primo grado del Tribunale di Messina il 26 luglio 2006 nell’ambito del maxiprocesso Mare Nostrum, già noto alle forze dell’ordine dagli anni ’80, militante di estrema destra dell’area barcellonese, candidato alle elezioni amministrative del 1985 nella lista MSI – DN, di cui facevano parte anche il capomafia di Barcellona Giuseppe Gullotti (condannato a diversi ergastoli e riconosciuto come mandante per l’assassinio del giornalista Beppe Alfano) l’attuale sindaco di Barcellona Pozzo di Gotto Candeloro Nania e 
 Giuseppe Buzzanca, due volte presidente della provincia di Messina ed attuale primo cittadino del capoluogo peloritano.

Mario Calderone, noto mafioso barcellonese, condannato a 7 anni di reclusione per mafia con sentenza di primo grado del Tribunale di Messina il 26 luglio 2006, in passato sorvegliato speciale di Pubblica Sicurezza.
A questa gente l’Ipab “Nicolaci Bonomo”, istituto di pubblica assistenza ai poveri, tanto in istato di sanità quanto di malattia, affitta i suoi immobili.
E nella persona di chi l’Opera Pia Nicolaci Bonomo concede in locazione lo stabile di sua proprietà? Facile. A firmare è Nello Cassata, presidente dell’Ipab barcellonese dal 1999 al 2001, soprattutto figlio di Antonio Franco Cassata, allora sostituto procuratore generale del Tribunale di Messina e recentemente promosso a Procuratore Generale presso la Corte d’Appello, sempre a Messina.
E la volete sapere un’altra cosa? Giulio Massimo Calderone, nonostante la condanna per mafia in primo grado, svolge attualmente le mansioni di agente addetto alla verifica sui cambi di residenza presso l’ufficio anagrafe del Comune di Barcellona Pozzo di Gotto. Al signor Candeloro Nania, sindaco di Barcellona e cugino di primo grado del senatore Pdl Domenico Nania, non pare infatti abbastanza una condanna per mafia in primo grado a 6 anni e 6 mesi per sospendere un suo dipendente, no, il sindaco Nania è un garantista, e aspetta che a Giulio Massimo Calderone le forze dell’ordine se lo vadano a prendere direttamente al Comune.
Ma ci stiamo perdendo, ed è facile farlo nei meandri fittissimi che collegano mafia e politica, mafia e giustizia, mafia ed istituzioni, nella silenziosissima provincia di Messina.
Torniamo all’Ipab, ed al suo ruolo sociale nella città di Barcellona.
La concessione in affitto dei locali nei quali far sorgere il ristorante mafioso del fratello di mafiosi Alexandro Calderone non è infatti l’unica anomalia nella gestione dell’Opera Pia “Nicolaci Bonomo”. No, perché di “anomalie” ce ne sono tante altre.
Nel 1998 Piero Di Maggio, commissario straordinario dell’ente, concede in locazione alla ventiquattrenne Francesca Giunta un fondo rustico, ovviamente di proprietà dell’Ipab di Barcellona, sito nel comune di Terme Vigliatore.

Sul vastissimo terreno ottenuto in affitto nasce così uno dei vivai più grandi della zona, un’attività cui si dedica, ufficialmente, il marito della Giunta, Domenico Tramontana, per gli amici Mimmo, noto esponente della malavita barcellonese. Affiliato al clan mafioso di Giuseppe Gullotti, Tramontana,

coinvolto nell’omicidio del giornalista Beppe Alfano, è destinatario di un provvedimento di custodia cautelare per associazione mafiosa (in seguito al quale si rende latitante per un lungo periodo) emesso nel 1994 e poi scaduto nel 1998, nell’ambito dell’operazione antimafia “Mare Nostrum”, ed è condannato nell’ottobre del 2000 dal Tribunale di Barcellona a tredici anni e sei mesi di reclusione per estorsione aggravata e continuata nell’ambito dell’inchiesta antiracket di Portorosa, comune nel quale il Tramontana aveva imposto il pizzo a gran parte degli esercizi commerciali e turistici della zona.

Secondo le ricostruzioni di polizia Domenico Tramontana viene ucciso la notte fra il 3 ed il 4 giugno del 2001 da un commando armato di quattro uomini che gli scarica addosso una trentina di colpi.
Tramontana percorre a bordo della sua auto di lusso il lungomare di Ponente fra Milazzo e Barcellona quando viene freddato. Si tratta di una vera e propria esecuzione, ordinata dalla mafia barcellonese. Tramontana ifatti, all'epoca 33enne, vuole inserirsi nel ricchissimo business della discarica di Mazzarrà S. Andrea – Tripi e del depuratore di Barcellona, un affare da centinaia di milioni di euro nel quale oltre alla criminalità organizzata sono implicati magistrati conniventi, tecnici comunali “distratti”, assessori e sindaci amici degli amici. Come abbiamo visto, fa male i suoi conti.
Curioso che a prendere il posto di Tramontana sullo scacchiere mafioso barcellonese come referente per Terme Vigliatore sia Carmelo Giambò, già amico di Tramontana ed a quanto pare precedente affittuario del famoso terreno poi concesso nel 1998 dall’Ipab, come già scritto, a Francesca Giunta. Curioso pure che a rinnovare il contratto firmato nel 1998 in regime di amministrazione straordinaria ci pensi, nel 2000, Nello Cassata, ancora lui, il figlio dell’attuale procuratore generale presso la Corte d’Appello di Messina Antonio Franco Cassata.
Il giovane avvocato all’epoca, evidentemente, non riteneva scandaloso concedere in locazione un terreno di proprietà statale, in teoria destinato ad attività sociali d’assistenza, alla moglie di un pluripregiudicato boss della criminalità organizzata. Così come non deve averlo sorpreso lo scoprire che il 7 maggio 2002 in alcuni locali di proprietà di Domenico Nicola Salamita i Carabinieri sorpresero, tra gli altri, i boss mafiosi Antonino Merlino, killer di Beppe Alfano, Ugo Manca, condannato per traffico di droga, e Angelo Porcino, condannato per estorsione aggravata. In fondo Nello Cassata a Domenico Nicola Salamita aveva soltanto affittato uno terreno a Terme Vigliatore, per conto dell’Opera Pia “Nicolaci Bonomo”, nel febbraio del 2000, che ne poteva sapere, il Cassata, delle cattive frequentazioni di Nicola Salamita?

Ugualmente, poteva Nello Cassata, figlio dell’attuale procuratore generale presso la Corte d’Appello di Messina Antonio Franco Cassata,

essere a conoscenza del pedigree criminale di Aurelio Salvo, ex commerciante di detersivi, quando nel 2001 gli concesse la locazione di una proprietà dell’ente sita a Terme Vigliatore? Chiaro che no, non poteva nemmeno immaginarlo, Nello Cassata, che in un appartamento sito in via Trento, a Barcellona Pozzo di Gotto, di proprietà di Aurelio Salvo, 62 anni, ex commerciante di detersivi, il 16 aprile del 1995 venne scovato il superlatitante mafioso Giuseppe Gullotti.

Salvo, che verrà poi condannato per favoreggiamento semplice soltanto ad un anno e mezzo di reclusione avendo fatto abilmente cadere nel corso del dibattimento l’aggravante mafiosa contestata dall’accusa, è stato peraltro recentemente assolto da un’altra gravissima pendenza di favoreggiamento, legata alla latitanza del boss Nitto Santapaola negli anni ’90.
La Corte d’Appello di Messina, ribaltando le sentenze emesse in primo grado nel giugno del 2007, ha infatti ritenuto inutilizzabili le intercettazioni telefoniche dalle quali emergerebbero gravissime implicazioni del Salvo, che avrebbe messo a disposizione del boss etneo un appartamento di sua proprietà, sito (ancora!!!) nel comune di Terme Vigliatore.
C’è poi la storia degli immobili, diversi immobili, affittati sino al 2001 dall’Opera Pia “Nicolaci Bonomo” a Pietro Arnò, oggi deceduto, imprenditore barcellonese più volte indagato per mafia, condannato per voto di scambio e turbativa d’asta, ex presidente della società calcistica Igea Virtus e considerato vicinissimo al boss Giuseppe Gullotti.
A Pietro Arnò era legato Immacolato Bonina, che proprio da Arnò nel 2001 rilevò la squadra di calcio Igea Virtus, di cui era già vicepresidente. Bonina, proprietario della “Supermercati Bonina Srl”, membro del consiglio d’amministrazione del Gruppo Sigma, rileverà nel 2002 da tal Francesco Barbera la locazione di un’immobile, ovviamente di proprietà dell’Opera Pia “Nicolaci Bonomo”, destinato, secondo piano regolatore, ad edilizia scolastica, ma utilizzato invece a fini commerciali.
Su Immacolato Bonina, personaggio di spicco di Barcellona Pozzo di Gotto, pendono inoltre fortissimi sospetti di collusioni mafiose, avvalorati dalle ipotesi che le continue aperture di nuovi ipermercati del suo gruppo siano legate al riciclaggio di denaro proveniente dai guadagni criminali della discarica di Mazzarrà S. Andrea. Ovviamente ad alcune intercettazioni ambientali eseguite dai carabinieri di Milazzo che in tal senso fornirebbero una buona pista non è mai stato dato alcun peso giudiziario.

Ma ci siamo di nuovo allontanati dall’Ipab, che intanto, nel corso degli anni, ha accumulato crediti nei confronti dei propri affittuari pari a quasi 800.000 euro, il tutto mentre il segretario storico dell’Opera Pia, Mariano Cangemi, concedeva in locazione a sua moglie ed a suo figlio immobili di proprietà dell’ente. Incurante di tutto ciò, nel marzo del 2008, Paolo Colianni, allora assessore regionale alle Autonomie Locali ed oggi componente della Commissione Sanità della Regione Sicilia, non esitò ad affidare proprio a Mariano Cangemi il ruolo di consulente nell’atto di commissariamento dell’ente, commissariamento poi conclusosi comunque con un niente di fatto.

D’altronde Colianni non è proprio un esempio di legalità, basti pensare che abusando del suo ruolo di assessore regionale nel 2006 non esitò a far assumere il fratello al Gabinetto del suo assessorato, nominandolo poi, con compensi strabilianti, commissario all'Istituto di assistenza e beneficenza di Paternò (un altro Ipab…).
In ogni caso, anche questa è un’altra storia.
Sull’Opera Pia “Nicolaci Bonomo” intanto è stata aperta un’inchiesta dalla Procura della Repubblica, mentre il senatore Giuseppe Lumia, lo scorso 29 luglio, in merito ha presentato un’interrogazione scritta, (cui questo nostro articolo deve gran parte delle informazioni) ancora senza risposta.
Nel frattempo, come al solito, tutto scorre, ed ognuno rimane al suo posto.
Tanto, si sa, la mafia non esiste.